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Immigrati vs. Mafia

IMMIGRATI vs. MAFIA

Mitologie. Quando si analizza il fenomeno della criminalità organizzata, soprattutto recentemente, si da spazio a tanta mitologia. Idee personali, soggettive, senza alcun valore investigativo, diventano belle figure retoriche. Una di queste è la possibilità di una salvezza dalle mafie ad opera degli emigranti, e distinguendo bene, di quelli provenienti dall’Africa. Chissà perché poi? Già, semplicemente perché sono stati protagonisti di due distinte rivolte, li si invoca come salvatori della patria. Questa mitologia diventa una bella figura retorica da usare per abbeverare platee ignare. A Castel Volturno, dopo il massacro del settembre del 2008, la gente è scesa in strada, ha distrutto cartelli stradali, qualche vetrina sotto gli occhi della polizia, rivendicando cosa? Condizioni di vita migliori. Semplicemente. L’Africa ha molti problemi importanti, non certo quello di una criminalità organizzata che soffoca la società civile e a cui si oppone un gesto plateale come quello della rivolta. A Castel Volturno, dove non c’è nessun tipo di economia, fabbrica, zona industriale degna di questo nome, gli emigranti africani hanno preso a pretesto la strage per sfogare la frustrazione di condizioni di vita inaccettabili. Non per cambiare l’Italia, per ribellarsi alla camorra. Il concetto più semplice ma non per questo banale del: viviamo in condizioni inumane e ci sparate anche addosso? Rivolta quindi. Non associazionismo di base, gestioni di beni confiscati, partecipazione a consigli comunali, denunce e tutto il corollario che ne segue. Non si può credere che quando la gente muore di fame, o sopravvive con 20 euri al giorno (quando va bene), si dedichi alla lotta alla criminalità organizzata. Se poi vogliamo analizzare ancora più in profondità, non ci sono pentiti della mafia africana che collaborano con la giustizia italiana. Al Momento. Convergenza con la ‘ndrangheta, anche se per motivi totalmente diversi. La comunità africana non è certo tutta criminale e certamente non asseconda il crimine. Ma sa bene di vivere in un contesto inquinato, difficile, in cui già la parola integrazione è impossibile da pronunciare. Un sopravvivere quotidiano che certo non può assumersi anche il compito della lotta alle mafie, se non riesci a mangiare. Anche a Rosarno la rivolta è stata dettata dalla fame, quella vera, non metafisica dei salotti vuvuzelanti sulle mafie. Non sopravvivo, muoio di fame, lotto per sopravvivere. O veramente si vuole far credere che gli emigranti africani siano insorti contro il potere della ‘ndrangheta? E di poi, soltanto perché queste due rivolte c’erano africani, significa che loro combattono le mafie mentre i polacchi, gli ucraini, gli indiani, i cinesi, i marocchini (non sono africani?) appoggiano il la criminalità organizzata? Non è più banalmente (ribadire l’ovvio per non morire) chiaro che una parte della comunità africana in Italia è schiavizzata come qualche secolo fa? E ci vogliamo pulire la nostra coscienza dichiarandoli eroi del bene, anche se poi non ci importa molto che sono eroi a stomaco vuoto? Belle figure retoriche in giro per il Sud e non solo. Ad uso e consumo di espressioni sofferte inquadrate in un primo piano per qualche minuto di TV digitale. Strano che poi raramente si parla della società civile che veramente si oppone, che cura i beni confiscati, che cambia l’economia del territorio. Non fanno notizie, non hanno espressioni da tivvu digitale adeguate all’uso e consumo delle belle figure retoriche. Rimane la domanda di apertura: perché si crea certa mitologia così banale, fasulla e male informata? E perché si propaga? Risposta: poco giornalismo investigativo e molte trombette buone per lo stadio. E la tivvu digitale.

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