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Io, per fortuna c’ho la camorra: Alessandro Bottero

 

Recensione di Alessandro Bottero

Sergio Nazzaro lo conosco di persona, essendo lui stato responsabile del catalogo Mega per diversi anni. Ricordo con piacere le chiacchierate alle mostre mercato o per telefono. E voglio approfittare di questa recensione per chiedergli scusa. Perché? Perché non avevo mai colto il suo impegno civile, che invece traspare da queste pagine. Forse per una sorta di pudore reciproco non avevo mai spinto la frequentazione oltre una simpatica conversazione legata in fin dei conti solo ai fumetti e a problematiche che tutto sommato, rispetto a cosa scopro solo ora Sergio ha vissuto, dovevano  sembrare (e in effetti lo sono) cosette prive di importanza. Ti chiedo scusa Sergio perché non ho colto la tua storia, restando sempre un po’ in superficie. Ma forse questo è quello che capita spesso. Ci si incrocia come navi in momenti comuni, si scambiano due battute, magari si lavora assieme a un qualcosa di circoscritto e poi ognuno va per la propria strada. Ed è brutto. Poi magari la persona la continui a seguire perché leggi una rivista dove scrive anche lui, in questo caso Left, e ti dici sempre “Quasi quasi lo chiamo, per sapere come sta.” Poi un giorno (il 23 novembre 2007) su Left vedi una pubblicità di un libro di un certo Sergio Nazzaro. Un libro che parla del Sud, che parla della camorra. Ma soprattutto un libro scritto da una persona di cui ho stima. E allora di corsa in libreria perché lo voglio leggere. L’ho letto. E forse sarebbe meglio se non l’avessi fatto. Il libro colpisce, e colpisce duro. La struttura è azzeccata. 24 capitoli (più uno “fuori orario”) che seguono una ipotetica giornata. Una full immersion nel clima della camorra nella provincia di Caserta, ma non delle grandi città. Nei paesini tipo Mondragone, Sessa Aurunca, Frattamaggiore, Secondigliano. E poi anche Napoli, con una gita notturna che mi ha colpito doppiamente per la crudezza e la spietatezza (anche verso se stessi). E’ un po’ lo schema di “24”, il telefilm con Jack Bauer, e forse solo Jack Bauer può combattere ad armi pari la camorra.

In ognuno di questi capitoli accade qualcosa, o meglio accadono mille e mille cose ma in realtà è sempre la stessa: la resa. Lo Stato si è arreso. Al di là delle dichiarazioni di maniera e di reazioni violente quando succede qualcosa di straordinario o orribile, reazioni violente e temporanee, lo stato non esiste. La camorra sì, e questo fa sì che sia la camorra a controllare le cose. A dare stipendi. A far rispettare le regole. A concedere il permesso di vivere, di sopravvivere, o a negare questo permesso. Sergio Nazzaro racconta storie, piccoli fatti accaduti in quell’enclave annidata sulla via Domiziana e totalmente ignorati dalla stampa, o nel migliore dei casi visti solo come note di colore per riempire pagine di giornali o minuti nei TG. Io non so indicare pagine o storie più significative di altre. Sono tutte significative o non lo è nessuna. Non ci sono vie di mezzo. O ha senso fare memoria delle vittime e dei soprusi per cercare di onorare le prime e contrastare i secondi, o ce ne freghiamo di tutto e allora anche la storia più incredibile ed efferata è solo fiction, passatempo per stupire gli amici nei dialoghi da salotto comodo.

Io adesso ho paura per il mio amico Sergio Nazzaro, perché ha fatto nomi e cognomi, ha detto date e luoghi, e questo di solito non si fa. E anche se so che alla fine materialmente questo non lo aiuterà se le cose dovessero farsi davvero pericolose per lui e la sua famiglia voglio chiudere questa recensione con un grazie. Ho comprato questo libro e lo conserverò, perché quando i miei figli saranno cresciuti voglio farglielo leggere e dire loro “Io conosco una persona coraggiosa: Sergio Nazzaro, che ha scritto questo libro.”. Grazie Sergio. Spero di potertelo dire di persona un giorno o l’altro.

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