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Ca’ Denecia: vivere in barca a Venezia

di Roberto Soldatini postfazione di Sergio Nazzaro

«Chi l’avrebbe detto che un giorno saremmo stati i primi nella storia ad avere la residenza in barca a vela a Venezia. Una barca che quindi merita di essere chiamata Ca’ Denecia, come i preziosi palazzi veneziani.»

Venezia come non l’avete mai vista, come non la si vedeva forse dall’epoca della sua fondazione. Roberto Soldatini trascorre un anno nel capoluogo veneto vivendo sulla sua barca Denecia, osservando la città e la sua laguna da un punto di vista speciale e in un periodo in cui non è invasa dai turisti. I veneziani si riappropriano delle loro calli e dei loro canali. Normalmente restano dietro le quinte di uno spettacolo che non gli appartiene, come dei figuranti. Ma, appena gli «invasori» vanno via, escono come dopo un assedio, e si ritrovano a vivere la loro città solo tra veneziani, riconoscendo ancora una volta il volto reale e autentico di un luogo unico al mondo. «Una Venezia nuova, fuori dai classici percorsi turistici», scrive nella postfazione Sergio Nazzaro. «Un libro di nostalgia e di malinconia, di scoperta e di conferma.»

Il racconto del silenzio di Sergio Nazzaro
“Tu non mi ascolti mai, ti devo ripetere sempre le stesse cose”. Questa affermazione, ricorrente, di Roberto nei miei confronti è vera, ma in parte. Lo interrogo spesso e volentieri sui misteri della navigazione, e dimentico spesso, così da poter chiedere nuovamente. Dimenticare è una forma di apprendimento, in fin dei conti. Ed inoltre mi piace ascoltarlo. Ascoltare le sue storie, di navigatore e di narratore. Con la severità e la dedizione vera dello scrittore, Soldatini ha costruito e continua a costruire una voce nel panorama della letteratura di viaggio. Ogni definizione è una riduzione, ma quando la vita è animata da innumerevoli interessi, qualsiasi definizione perde di logicità.

Quindi per conoscere bisogna anche saper dimenticare. Venezia, la sola parola evoca conoscenza, evoca un già saputo, uno stupore già noto. Chi non conosce Venezia? Ecco, quindi, il momento di dimenticare, chissà forse non si è mai saputo per davvero, e allora cominciano le pagine di Ca’ Denecia. Quando Roberto mi ha illustrato il suo progetto, ero carico del “già conosco Venezia”, anche se ci mancavo da decenni. Tanto basta andarci una volta. Invece, anche se si va tante volte, nessuno luogo lo comprendiamo mai per davvero. E qui risiede la mistica del dover tornare sempre, in luoghi conosciuti e andare in quelli sconosciuti. Ero dubbioso che ci fosse bisogno dell’ennesimo libro sulla città che galleggia e si destreggia, per resistere al mare. Ne abbiamo discusso durante una traversata da Monfalcone a Trieste, dopo le mie ovvie e rituali domande su tutto lo scibile del navigare, quando le vele si gonfiano e le mie paure si calmano, dialoghiamo di libri, scrittura.

Io, ormai sempre più disperato nel potere salvifico delle lettere, mentre Roberto, a dispetto dell’anagrafe, è animato da spirito incendiario e volontà di scrittura. Certo, raccontare Venezia da una barca, è un classico istantaneo, ce ne saranno decine di libri in merito. E invece no. Questa la fede nei libri, che c’è sempre spazio per uno in più nella libreria, c’è sempre spazio per una nuova storia, ancora non raccontata. Come avere la residenza in barca a Venezia, qualcosa che nella Repubblica marinara, doveva essere già successo, un’ovvietà, e invece no. È accaduto solo con Roberto e Michele, la prima ed unica residenza in una barca a Venezia, nell’anno di grazia del 2020. Quando ci dimentichiamo che è impossibile, tutto diventa possibile.

Un classico che sorprende, come Ca’ Denecia, che ha il sapore della classicità immediata e meditata. Una Venezia nuova, fuori dai classici percorsi turistici, anche se passeggiamo per le stesse strade. La capacità di Roberto di intravedere il silenzio delle parole, le persone e le emozioni. Una guida, turistica per davvero. Possiamo passeggiare con il libro in mano e perderci, perché non ha volontà di condurci in un punto, ma di farci perdere nella moltitudine di punti sospesi che è la vita stessa.

Seguire le pagine, per ritrovare strade e storie. Ritrovarsi. Seguire le pagine, per vedere concretamente come si costruisce il sogno di svegliarsi in mare con Venezia di fronte. Ma è accaduto anche a Napoli, e questo legame indissolubile con l’elemento del mare che rende le pagine fluide come un bagno in estate: divertente, giocoso, intenso. Letteratura di viaggio: il corpo della produzione di Soldatini disegna con la pazienza di chi si muove con i tempi dettati dal vento, una geografia nuova. 

Non è solo mare, non è solo viaggio, non è solo storia, cultura, musica e possiamo continuare ancora per molto. È vita, vissuta, letta e reinterpretata attraverso la scrittura di un’artista. Rimaniamo indifesi dinanzi le pagine del libro, perché la stessa città di Venezia, come Denecia, barca e casa, sono sull’acqua. Mai come prima, e mai altrove, Soldatini tiene in bilico la sua scrittura, ripulendola, andando al cuore delle questioni e dei sentimenti, tutto sul fragile equilibrio delle acque. Interprete del coraggio che tante volte ci manca di lanciarsi in avventure che sanno di sale e sole, rimaniamo aggrappati al libro come un’ancora la fondo, mentre le visioni ci portano a scorgere la nebbia delle calle, ad immaginare il suono delle conversazioni, e soprattutto ad alzarci con il suo maestro e dire “bravo”, perché ha saputo salpare l’ancora ancora al fondo e andare via. Libro di nostalgia e malinconia, di scoperta, di conferma che lo scrittore Roberto Soldatini sta realizzando un’opera esistenziale completa, di come poche se ne vedono oggigiorno, soprattutto vissute sulla propria pelle.

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