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Charlie Hebdo: sono solo vignette

  • 31 Marzo 2016

charlie hebdo cosenza

Charlie Hebdo per la prima volta in mostra in Italia al Museo del fumetto di Cosenza dal 9 aprile al 8 maggio 2016. La mostra è stata realizzata con il patrocinio di Institut français d’Italie e Federazione Nazionale della Stampa Italiana. Saranno presenti Marika Bret e Coco. Curatore Luca Scornaienchi.
Per info: www.museofumetto.it/

Il mio testo per il catalogo della mostra:

Sono solo vignette, perché fanno discutere così ferocemente? Intorno ad un pezzo di carta disegnato, da decenni, si discute di libertà di pensiero, cultura della satira, di religione, di buongusto e di limiti che deve avere la parola scritta: questo è Charlie Hebdo.
La satira è ciò che impedisce ad ogni cultura, nazione, democrazia, di regredire nel pensiero unico. Il discutere di limiti nella satira è il tentativo di non riconoscere che sono semplicemente vignette che prima di tutto e, sempre prima di tutto, inneggiano alla fondamentale libertà di espressione di ognuno di noi.
Se la satira fosse una questione marginale o banale, non si muoverebbero giudici e poliziotti, censori e moralisti. In questa potenza narrativa di un pezzo di carta disegnato, risiede la possibilità di poter ancora dire l’indicibile, ovvero la verità. La satira non è solo sberleffo, semplice presa in giro: è preveggenza. Questo scuote maggiormente le coscienze. In Italia la satira è abbastanza morta da tempo, non c’è più molto da predire, mentre in Francia si continua a guardare al futuro. La satira quindi non solo dileggia e dissacra, senza dover rendere conto a nessuna buona o cattiva coscienza, la satira osserva il domani nelle contraddizioni del presente. Travalicare i confini del politicamente corretto, del buongusto, del ciò che è sacro e non si tocca, la satira lo fa come le masse di migranti che premono sui confini dell’Europa dimentica di se stessa. Quindi dove sono i confini, chi li decide e di chi il diritto di alzare i muri, porre fili spinati? Charlie Hebdo non vuole far ridere, qui c’è il grande fraintendimento con il concetto di satira, che è materia per riflettere, per scuotere per scomodare i nostri capisaldi ed anche credi e fedi, per farci gridare allo scandalo, fintanto che una voce non ci ricorda che sono solo vignette. Lo spazio bianco che disegniamo intorno alla vignetta, dove non c’è riparo, scampo, è lo spazio bianco dove ci siamo solo noi con la nostra coscienza, lo scandalo o la voglia di meravigliarci ancora. Oltre i colori della vignetta, una sola frase, qualche volta neanche quella, ecco che si libera l’anima del lettore, che non per forza deve condividere, accondiscendere, come non si può neanche pagare con il sangue la voglia di libertà, che tu sia disegnatore, migrante o lavoratore. Non si può lasciare che il sangue diventi il colore dell’Europa contemporanea e delle sue correnti di pensiero, che siano di natura religiosa o di natura economica, mettendo sempre in secondo piano il ricordarsi di noi esseri viventi che nel fraseggio della satira trovano il coraggio di continuare a vivere e resistere, perché sì sono solo vignette eppure aprono così tanti spazi di riflessioni, spazi bianchi che necessitano di una nostra presa di posizione, o perderemo la capacità di essere liberi. Non si deve difendere una vignetta, ma il foglio bianco per la prossima idea, questa è la satira che piaccia o meno. Come recitava uno degli ultimi baluardi della satira italiana: se ci leggi è giornalismo, se ci quereli è satira.

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