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Formia, omicidio Piccolino: retroscena di un’indagine

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Formia, omicidio Piccolino: retroscena di un’indagine. Dopo Mafia Capitale è Formia Capitale?

Omicidio Piccolino, Formia, ipotesi di lavoro su un’indagine: ovvero come un omicidio “non di Camorra” diventa strumento per combattere la Camorra.

Un noto avvocato, Mario Piccolino, viene ucciso in maniera fredda e determinata. Immediatamente si grida alla Camorra perché la vittima, da tanti definito “blogger”, aveva un sito, FreeVillage.it, dove seguiva le vicende legate alle infiltrazioni mafiose nel Sud Pontino.

Tutti si accodano: i giornalisti in buona fede e le rock star dell’antimafia per mostrare che sono tutti sul pezzo e seguono con attenzione le vicende del Sud Pontino (che forse neanche sanno dove sta il celebre Sud Pontino).

Le indagini passano subito nelle mani della DDA e di Giuseppe Pignatone, uomo molto acuto e di grande intelligenza. Sempre per ipotesi, quindi pura e semplice divagazione giornalistica, immaginiamo che Michele Rossi, (l’omicida che poi ha confessato il delitto) venga individuato subito, nelle classiche “24 ore”.

La DDA con tutte le telecamere che ha a disposizione lo ha rintracciato immediatamente e sa già “il chi il come e il perché”. Ma l’arresto avviene dopo 18 giorni. Sempre per ipotesi, qualcuno prende al volo una, seppur triste, opportunità, che il male, si sa, si annida ovunque. E comunque l’omicidio è compiuto, si sa chi è il killer: conta poco per l’arresto avvenga un giorno prima o un giorno dopo perché c’è un’altra indagine più importante, una sorta di mafia capitale che si aggira per il sud pontino.

Appena si consuma l’omicidio di Piccolino e tutti a gridare “è stata la Camorra” i telefoni cominciano a squillare a cercare di capire, e la DDA ascolta.

Immaginiamo dunque amministratori, appaltatori, amici degli amici e tante altre brave e rispettabili persone che si inquietano per questo omicidio, chissà che più per questione civile, per altri motivi, parlano, chiedono spiegazioni ad altri.

E si costruisce un quadro investigativo sotto l’egida dell’omicidio di (non) Camorra che fa scoprire dove sta la Camorra per davvero. E così tutti intercettati, parlano e confessano in diretta, facendo emergere un quadro di cosa avviene poco sopra la linea del Garigliano.

Interessi e storie che vengono servite sul piatto della paura, di patti che vengono messi in discussione perché non si capisce come mai ci scappa il morto ammazzato.

Nel frattempo Rossi è guardato a vista, è già inchiodato e non lo sa. Lui vive in un mondo della vendetta, assurdo e folle e ha altri pensieri: ha confessato, poi, di aver ucciso Piccolino per un risentimento personale. Poi quando le telefonate fatte sono sufficienti, ecco che scatta l’arresto e la consegna da parte della DDA alla procura di Cassino: non è omicidio di Camorra ma della Camorra nel sud del Lazio ha fatto capre moltissimo.

Nella città che ha allenato Pietro Mennea, silenziosamente è andata in porto una brillante operazione antimafia, lavorata con grande intelligenza. Se poi tra i diversi corpi delle forze dell’ordine non c’è molta fiducia è perchè c’è chi conduce le indagini e chi ne parla. La stretta finale sta arrivando e solitamente Pignatone quando fa partire gli arresti, questi sono blindati, sono ordinanze a prova di tutto, anche di eccellenti avvocati e grandi pressioni politiche.

La storia comincia ora. Tutto quanto appena scritto è un’ipotesi, nulla di più.

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