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Graffio di Ezechiele: Fresco di stampa

La cena dei Corrispondenti della Casa Bianca è un appuntamento che si sussegue dal 1914. I giornalisti che seguono il presidente degli Stati Uniti si riuniscono per una cena di gala. Ho ascoltato tutto il discorso di Obama, che come vuole il rituale, ha sfoggiato il migliore lato ironico di se stesso. Tra battute e scherzi, il Presidente Obama omaggia la stampa e la sua fondamentale importanza per la vita democratica, fino a citare Jefferson che preferiva avere una stampa libera senza governo, piuttosto che il contrario. In Italia, invece, Berlusconi minaccia di mettere il bavaglio alla stampa, di censurarla. Due stili antitetici, ma soprattutto si evince la qualità culturale delle persone. Obama si prende in giro (e chi non si prende mai troppo sul serio, è persona intelligente), Berlusconi evoca neri fantasmi puntivi, semplicemente perché si dice la verità. Solo la verità: paradossale ma vero. Così, mentre da una parte dell’Oceano Atlantico si cita Jefferson e i principi della libertà democratica, dall’altra si discute di chi sia mai Noemi e come mai un certo signor Elio sia amico del Primo Ministro. Obama ha sottolineato anche le difficoltà dell’industria editoriale. La perdita dei posti di lavoro e le nuove tecnologie che fanno concorrenza alla stampa classica. Eppure in Italia, in questo momento di crisi, ci sono piccoli giornali che crescono. Fresco di Stampa è un mensile in terra di lavoro che raccoglie più pubblicità di quanta ne possa pubblicare. Paga un minimo i suoi collaboratori (anzi gli anziani mettono a disposizione la loro parte per i più giovani), per far sì che possano ottenere il tesserino giornalistico e intanto denuncia e fa inchieste in terra di camorra. Un esempio, in tempo di crisi, in terra di lavoro che, lascia sia stupiti, ma conferma anche un antico teorema. la qualità paga. Non c’è nulla da fare. Le inchieste vere premiano con tanti lettori. La qualità di chi scrive è apprezzata dai lettori. La pubblicità apprezza un buon mensile. C’e crisi, non viviamo nel paese di Obama, però il giornalismo italiano dovrebbe avere il coraggio di dirsi che non solo perché sai scrivere in italiano (forse) significa che sei un giornalista. E le redazioni non sono uffici di collocamento per politici o potenti. Perché ricordiamoci che lì fuori che Papi non Obama.

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