Al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Piazza del Quirinale, Roma
di Sergio Nazzaro
Signor Presidente, perché non si dimette? Mi scuserà se sono troppo diretto, ma è inutile girare intorno alle parole. Sono qui che vorrei scriverle delle mie osservazioni, a patto però che poi non mi venga scagliato l’anatema del vilipendio contro il Capo dello Stato.
Non le nascondo che ogni mattina che mi alzo vorrei poter scagliarlo io l’anatema del Vilipendio contro la Mia Persona ai danni della Repubblica Italiana, ma sa sono sicuro che non avrebbe molto effetto, diretta pratica quotidiana di comprendere che il potere è unidirezionale, in Italia soprattutto.
Certo, pensandoci bene, e dovendo scrivere una lettera ad un potente, non verrebbe mai da pensare di scrivere al Presidente della Repubblica Italiana. Certo io vorrei che Lei fosse potente, ma per davvero, e che mettesse a tacere il continuo bla bla di quelli che la circondano nella politica odierna.
Non è una questione personale sig. Giorgio Napolitano, e mi auguro che non me ne vorrà, ma perché non si gode la pensione a 82 anni? Sono veramente tanti e gliene ne auguro ancora di più, anche se la biologia è un fatto e non un desiderio.
La mattina quando mi sveglio in questa Italia stanca, contrita, furba, arrabbiata, delusa e in perenne debito da carte di credito, osservo il primo inter pares degli italiani e vedo lei. Avrei voglia di tornarmene a letto. Non ce la vedo nella metropolitana di una città come Roma, a 82 anni cadrebbe a terra alla prima frenata. Certo, si potrebbe sedere, ma nessuno lascia il posto a nessun altro. Anzi quando qualcuno cede il posto ad un anziano, ad uno zoppo, ad una donna incinta, questo qualcuno riceve un’occhiata che sa di beatificazione, mentre dovrebbe essere normale civiltà. Banale, ma vero.
Se mi soffermo un attimo a pensare alla presidenza della Repubblica, senza offesa naturalmente, non vedo altro che un pensionato di lusso, anzi di gran lusso. Ultimamente, devo ammettere, ha avuto anche il coraggio civile di pubblicare le cifre della gestione del Quirinale: 235 milioni di euri, pari a 454.960.000.000 vecchie lire. Per un paio di migliaia di persone? Ma non le sembra troppo? Se non mi ricordo male, Lei era anche comunista, non si agita sulla sedia a leggere queste cifre? E si paga anche 5 euri per poter visitare il Palazzo del Quirinale. Ma dai, non ne avete proprio abbastanza? Lo sa caro Presidente che in Ungheria, per esempio, tutte le sedi istituzionali sono visitate gratis dagli ungheresi, mentre pagano solo i turisti? E sa perché? Perché i cittadini devono avvicinarsi alle istituzioni. Ed io devo pagare 5 euri per vedere il Quirinale?
E parlando sempre dei costi, non la innervosisce sapere che chi pulisce il cesso al Quirinale ha fin troppi privilegi in confronto a chi pulisce i cessi di una semplice metropolitana?
Lo so, sarà una fissa la mia Presidente, quella della metropolitana, ma se la usasse ogni giorno capirebbe che l’incidente in cui è morta una pendolare a Piazza Vittoria, a Roma è stato solo un semplice e puro miracolo. Se ci prestasse una parte di quei 235 milioni di euri, forse qualcosa si potrebbe fare.
Dicevamo del pensionato di lusso: certo non come nonno Giovanni che tira a campare con 500 euri. Si è vero, pensandoci bene, non ci sarebbe granché da scrivere ad un potente del suo calibro, perché, tutto è, meno che potente. Ma anziano sì, e allora non è giunto il tempo di farsi da parte?
In un paese gerontocratico, ci mancava solo Lei. 82 anni, a ripeterli non ci si crede. Ma a cosa servirà mai? Quando è salito sul Colle, espressione che sembra rubare il dolore alla cristianità, mi sono sovvenute due domande: come è un trasloco di gran lusso da un quartiere bene di Roma ad un altro. E l’altra riguarda la sua storia personale. Ma andiamo con ordine. Beato Lei che ha traslocato, con il caro affitto che c’è a Roma, avere due belle case non è da poco, e tutto questo non lavorando come privato, ma per lo Stato. Non male. Immagino, retoricamente, i giovani che pagano 500 eurinaturalmont con contratto a progetto, sa quella splendida invenzione (di sinistra ahimè, Gaber Gaber dove sei ormai?) che permette agli imprenditori di non pagare tasse, tredicesima, quattordicesima, malattia ma guadagnano lo stesso anzi di più? di affitto e ne guadagnano poco più di 800/900,
Chissà se conosce minimamente il costo degli affitti a Roma, forse sì, ma quando si guadagna quello che si guadagna con la paga di un deputato o senatore chi se ne frega dei conti. Eppure molti di voi non sono neanche laureati e mai hanno lavorato, eppure pretendono di comprendere un paese che lavora. Lei indubbiamente è una persona di cultura, ma non si trova a disagio con gente che non sa nulla, ma proprio nulla, come se avessero marinato la scuola già dall’asilo? Immagino proprio di sì.
La sua storia personale: finalmente un comunista che sale al Quirinale. Embè? Siamo proprio così americani non le sembra, basta pronunciare il sostantivo comunista che tutto sembra fosco, forse solo ridicolo. Non ho visto nessun evento straordinario nella sua elezione, solo un uomo anziano. La sua storia personale l’ha portata subito in Ungheria, a Budapest a deporre fiori ai caduti della rivoluzione del 1956. Lavarsi subito l’onta di non aver compreso il grido disperato di libertà di un popolo. Già, loro gli ungheresi (ritornano più volte come vede) avevano i comunisti, noi gli americani, con il Cermis, Ustica, Gladio e altre sciocchezze di mezzo. Ha deposto fiori che forse se deponeva sulla tomba di questa nazione avrebbero avuto maggior senso e bellezza. Della sua storia personale mi rimarrà impresso il suo essere stato il primo Ministro degli Interni non democristiano. Mi ricordo il periodo, così denso di speranza: Prodi parlava e si capiva anche. Invece Bossi parlava ma non si capiva. Berlusconi non era poi questa grande ed inamovibile pietra contro la democrazia italiana. Avevamo vinto, per la prima volta e finalmente mettevamo piede ( e si sperava mani) negli armadi dei misteri italiani.
Per la verità ci ha messo piede Lei, e si è visto: non è accaduto nulla. Nessuna verità per la strage di Bologna, nessun disvelamento di grandi intrecci mafia politica. Niente di niente. La Democrazia Cristiana continuava a dominare il Ministero dei misteri italici. Eppure all’epoca non era così anziano Presidente, aveva solo, mi faccia fare i conti, ecco, sì 73 anni. Già, nulla successe e tutte le speranze di chiarezza andarono perse nel giro di poco. Forse anche Lei si è ritrovato con le mani legate da intrecci così scandalosi da non poterne parlare, patti sì scellerati che non si potevano toccare, pena il tracollo della nostra miseranda nazione. Eppure credevo che dopotutto questo si sarebbe goduto la meritata pensione. O lo stipendio, qualsiasi cosa, ma sicuramente avrà famiglia, nipoti e pronipoti. Ed invece eccola Presidente, a rappresentare l’Italia con tutti i suoi anni e la sua storia personale, come se un onesto lavoratore cassintegrato della Cirio non abbia una storia personale e dignitosa, per non parlare del famigerato metalmeccanico di sempre. Ed io mi sono sentito uno dei suoi nipoti, certo senza il privilegio di dire chi è mio zio. Qualche volta seguo i suoi discorsi, buoni solo per l’ANSA, ultimamente poi sono tanti devo dire che è sempre presente. Ma dica al suo ufficio stampa che è inutile che far pubblicare due pagine di suoi interventi, la gente, sempre in metropolitana, gira le pagine a piè sospinto. Tanto si sa che saranno parole di circostanza e mai taglienti, e distraggono poco l’attenzione.
Belle ed inutili parole.
Per ironia della sorte c’è chi segue i suoi discorsi: sono gli italiani all’estero, cioè gli emigranti. Ho visto le facce di profonda delusione, quando hanno ascoltato il suo discorso, letto le sue parole il giorno dopo che li menzionava, appena appena nella chiusura del gran discorso di fine anno. Io stavo con loro, dall’altra parte del mondo. Volevano che si ricordasse di loro, lo volevano per non sentirsi orfani e invece niente.
Così si è alienato anche un possibile e benevolo pubblico che la voleva ascoltare veramente. Scherzi dell’età, non si preoccupi. Come non si deve preoccupare del fatto che di tutte le foto dei mondiali del 2006 non ce ne sia una memorabile e storica che la ritrae e la consegna alla storia, almeno quella del pallone. Mi permetta di fare un paragone con il presidente partigiano, celebrato anche in una canzone (quando si dice lasciare il segno per davvero), di Lei non c’è neanche una foto decente. I mondiali del 1982 non sono nulla se non ci fanno vedere la faccia del grande vecchio Pertini che si dimena come un ultrà per i gol. Ancora meglio la faccia da partigiano mentre gioca a carte con i nostri eroi sull’aereo del ritorno dalla Spagna.
Me lo può confessare Presidente, quella sera avrebbe preferito starsene a casa tranquillo. Con la sua età, tutto quello schiamazzo, quel rumore, quell’ufficialità. Confesso, non amo il pallone neanche io, ma la nazionale, beh, che ci vuole fare italiano sono alla fin fine.
Poteva regalare il suo biglietto a qualcuno, vero non aveva biglietto, Lei entra pagato dovunque. O si ricorda di quando ha invocato giustizia per Giovanna Curcio? Immagino di farle questa domanda a bruciapelo, e la vedo che si china verso un suo assistente a chiedere informazioni. Ma come, la ragazzina bruciata viva a 15 anni perché lavorava, in nero, in una fabbrica di materassi vicino Salerno? Se lo ricorda? Neanche alla sua età è permesso dimenticare questo. Il suo discorso chiedeva (vibrava mi sembra un termine a appropriato) giustizia. Le ripeto quello che scrissi in quei giorni: perché non è andato al funerale di quella ragazza, perché non ha portato a spalla la sua bara? Perché signor Presidente? Poteva farsi aiutare dai suoi assistenti, ma Lei ha 82 anni e la bara di una ragazza di soli 15 anni pesa troppo, di tristezza e della nostra infamia. A cosa serve un Presidente che non porta a spalla i giovani della nazione che rappresenta, morti perché sfruttati, vilipesi, ed infine dimenticati? Perché non va lì giù a piantare un casino infinito finché i colpevoli siano punti: non messi al rogo o su una sedia elettrica, ma qualcuno deve pagare per la morte di un innocente, o no?
Eppure Lei è di Napoli, la città che ha avuto sì tanto orgoglio nel saperla eletta, e il giorno dopo ha continuato a sparare tranquillamente, ma non solo per camorra, termine abusato, ma anche per inedia, per ferocia gratuita, coltellate per un’occhiata di troppo. Salerno non dista troppo da Napoli. Qui giungiamo al punto signor Presidente, non tutto è perduto. A 82 anni qualcosa si può fare ancora. Cominciamo da Napoli. Non mi dica solo che è rammaricato, che vuole uno scatto di reni da parte dei cittadini e delle autorità. Non si rende conto che sono tutte chiacchiere.
Prenda Lei l’iniziativa, vada a Scampia e si affitti una casa, non costano tanto, e si sistema lì per qualche mese. Sicuramente l’ambiente diventerebbe subito più tranquillo, ci sarebbe più polizia, e poi si immagina che bella provocazione? Lei che si sveglia la mattina a Scampia e va a prendersi la sua tazzulella di caffè di fronte al super carcere? Cambierebbe qualcosa? Buona domanda, sicuramente no, ma vuole mettere il divertimento e finalmente un Presidente che fa il suo lavoro di Presidente e che darebbe una scossa micidiale a tutti? E durante quel mese nel quartiere sa cosa altro si può fare, andare a visitare le fabbriche dove i suoi cittadini italiani sono sfruttati per bene. Si immagini, Lei che entra in una fabbrica di cassettini di legno e trascorre una giornata con rumeni, polacchi, italiani sfigati per 5 euri al giorno. Certo non esiste solo Napoli e la camorra, come non esiste solo la Sicilia e la mafia, ma credo che questi sono due problemi urgenti, non crede? Non lo devo dire a Lei, è napoletano, se non erro. Dopodiché Presidente potrebbe tornare a Roma, o andare in qualsiasi grande città e lavorare un poco nei call center. Non so se la prenderebbero, la sua età, questi benedetti 82 anni sono proprio tanti, ma almeno può immedesimarsi nei 400 euri a contratto a progetto che danno alla gioventù di questa nazione. La vedo con le cuffie in testa a rispondere di questioni delicate, perché informazioni importanti si danno ai call center, e intrattenere chi chiama perché più parla più si guadagna. Sarebbero sette anni di fuoco, indimenticabili per Lei e per noi. Tanto di cosa dovrebbe aver paura, gli anni sono quelli e sono tanti, qualche sfizio se lo può togliere. Mica la possono licenziare. E quando il fiatone aumenta, altra grande azione di disturbo: prenda un mezzo pubblico e se ne va in qualche ambulatorio sporco che ben rappresenta il paese che Lei rappresenta. Si attende qualche ora, è vero, ma almeno lì può trovare gente con problemi reali. Immagini per un momento, Lei presidente dal passato comunista che rinuncia ai privilegi, che si ricorda di essere stato giovane un tempo e di aver detto cose giuste e non noiose. Che per un attimo ha un moto di orgoglio, Lei e non la nazione, e se ne esca dalla naftalina in cui l’hanno messa e stravolga le regole del gioco. Già la vedo a chiedere il suo stipendio, con accanimento, al padrone che non vuole pagarla a fine mese, già la vedo combattere contro la non assunzione, inorridire alla lettura di un contratto a progetto, già la vedo timoroso in mezzo alla strada che qualcuno le possa scippare l’orologio o rubarle il portafoglio. Ma ci pensi Lei gioca con un vantaggio enorme. Lei è il Presidente e in questa qualità non potrebbe dire agli sfaticati politicanti che starnazzano in TV di stare un poco in silenzio e di non proferire ignoranza e retorica a spron battuto? E ci liberi dal tutto e il contrario di tutto, alzi la sua voce, di grande vecchio, e ci liberi dal giogo dei poteri forti. Non può certo chiederlo a me di battermi contro i cattivi e i forti. Io non ho nessuna scorta. Invece Lei sì. Ormai il tempo passa inesorabile, non sarebbe il momento di fare qualcosa che un giorno possa cambiare le parole, già le sento, del: onesta ed integra carriera politica al servizio della Nazione. Parole che vogliono dire tutto e niente e che non avranno nessuna reale commozione per una sua ipotetica e mi auguro lontana nel tempo dipartita. Lei può fare tanto e se segue qualche mio consiglio, veramente allora ho scritto la lettera ad un potente. Allo stato dei fatti Lei è una controfigura di uno Stato triste ed io lo specchio dei giorni che vivo. Sig. Napolitano diventi Presidente per davvero, lasci stare questa ingessatura che si porta dietro come un catafalco. Altrimenti non dovrò più cederle quando invita ad inorridirsi per il male che accade, dispiaciuto per l’emigrante che muore in mare e per il ragazzo accoltellato in mezzo alla strada. La voglio bene, e sono sicuro che se mi invita a cena potrei ascoltare tante storie interessanti. Ma non da Lei, venga da me, senza scorta che altrimenti la spesa è esagerata, e ci facciamo due passi insieme. Immagini per un momento, Lei sig. Presidente che scuote come un lenzuolo questa nostra nazione e gli da una bella rinfrescata. Non ci deluda, mi raccomando, si può dire di tutto degli anziani, ma non che non abbiano follia, saggezza e soprattutto la vista lunga. Inneschi la follia Presidente, sono sicuro che in milioni la seguiranno.
Diceva bene il Presidente dell’uno che diventa due, ma non per questo il 51 diventa 52.
Cordialmente
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(Fazi Editore) la scheda del libro
Ventiquattro autori, minacciosi nelle parole ma dolci nell’anima, alzano la voce e guardano dritto negli occhi la radice del tempo nel quale vivono: l’uomo politico. Disincantati e crudeli, raccontano, descrivono, s’arrabbiano, inveiscono guadagnando ogni plausibile, riconoscibile diritto alla ragione. Ventiquattro lettere, indirizzate a statisti, dittatori, ministri, sindaci, a presidenti della Repubblica ma anche a presidenti del municipio, ad Aldo Moro e perfino a Giuseppe Mazzini.
I MITTENTI: Simona Baldanzi | Cinzia Bomoll | Arianna Giorgia Bonazzi | Cesare Cremonini | Emma Dante | Federica De Paolis | Stefano Di Leo | Giorgio Falco | Giulia Fazzi | Alberico Giostra | Arnaldo Greco | Cristina Guarducci | Franz Krauspenhaar | Simone Laudiero | Chiara Marchelli | Giovanni Martini | Sergio Nazzaro | Clara Nubile | Maria Serena Palieri | Paolo Ricchiuto | Viola Rispoli | Giordano Tedoldi | Ortensia Visconti | Pietro Vizpara
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