Quel posto vuoto accanto a me

di Marco Gallo postfazione di Sergio Nazzaro (Pathos Edizioni)

Gaetano Mennella, un simpatico ottantenne, è il protagonista di questo romanzo. La sua vita, ricca di colpi di scena e di emozioni, è caratterizzata da un amore intenso e indissolubile per la sua amata. Proprio lì, su quella stessa panchina, dove passato e presente s’intrecciano per dare forma al ricordo di un’intera esistenza.
Da Napoli a Milano, dai primi del Novecento fino ai giorni nostri, passando per gli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta. È questa l’ambientazione che farà da sfondo alle storie dei vari personaggi che ruotano attorno al protagonista.

Il resto dei ricordi

E’ solo una storia, di storie che riportano a ricordi e malinconia che si intrecciano a loro volte ad altre storie ancora. Storie come dialogo, che hanno nel loro dipanarsi la ragione d’essere più lunga perché una parola, come un profumo rievoca ancora un ricordo non detto, non illuminato. Una storia ancora da raccontare con l’inganno della scrittura che tutto si possa chiudere in un cerchio che abbia la forza, il potere di fermare il tempo. No, il tempo non lo ferma se non la parola che accarezza il ricordo e lo fa proprio nelle sue asperità. Siamo arrivati alla fine, ma di cosa? Delle pagine, non della parola. I nostri eroi, i nostri cattivi maestri ce l’hanno fatta a sopravvivere, ma non al tempo che li uccide se non sulla carta, perché la parola li tiene in vita.

Un legame continuo di storie, di ricordi, di impressioni e sovraimpressioni. La pulizia morale di non giocare con la letteratura ma con la gioia della scrittura, del racconto, dei dettagli che sono diventate storie nazionali, che poi si sono smarrite comunque per quanto possano essere grandi e intramontabili. Queste pagine stanno già scomparendo, come gli intercity di una volta, non quelli nuovi che comunque assomigliano a quelli vecchi, ma proprio quelli che sulla tratta del Sole, sembravano aver compiuto il viaggio di una vita intera. Viaggi fatti per spezzare vite, per coniugare sacrifici e pane, nostalgie e futuri che non sempre si sono realizzati per essere ricordati. Umanità densa, affollata come le pagine, come le storie, personaggi che corrono in ogni dove Gennaro, Gaetano, Faustino, Emma, in un gioco di rimandi, di scomparse, di guardie e ladri, di Milano e Napoli che non si salveranno mai da questo binomio di dipendenza assoluta come a tracciare il confine ancora oggi esistente del nostro Paese che sa di quartieri di un paese.

Sono ricordi, salvati e salvifici, prima che tutto questo scompaia e non ne avremo più traccia. Di rapine, collane, caffè sospesi, ispettori di polizia che giocano duro, di crimini come non ce ne sono più e non sai se nella buona o nella cattiva fede. Sono storie che ci riportano ad un posto vuoto, quella sedia vuota accanto a noi, quella dove si siedono i nostri ricordi, ogni giorno, ogni sera, ogni notte. La parola che si accomoda, che riempie il ricordo, la sedia vuota. E’ il posto delle storie, è il momento delle storie, è il momento di continuare a raccontarle, di avere quella voglia inestinguibile di usare la parola per fermare i ricordi, quella nostalgia del tempo che non torna. Per quanto possa sembrare ovvia l’affermazione, diventa realtà nelle rughe di una storia di storie, che sono salvandole dall’oblio possono portare nuova vita, che non facciamo l’errore di pensare che chiudono le pagine finali, sono solo un pretesto per continuare a narrare.

C’è un posto vuoto, quello che riserviamo a noi, al tempo della lettura, al fermare i pensieri. E la somma amara di questi che produce i ricordi che non diventano sempre luoghi in cui rifugiarsi, diventano luoghi da vivere ancora e ancora una volta. Nella follia di poterli cambiare, di poterci permettere per un’istante un gesto, minimo, che possa cambiare il tutto. E li vorremmo trasformare questi ricordi, perché ci parlino sempre, ci sussurrino storie che possa consolare le notti bianche. Il posto vuoto, la sedia vuota dove poggiamo un libro e forse anche gli occhiali, stanchi e mai paghi di continuare a vivere per raccontare.

Queste pagine, sono fantasia, sono verità, o forse solo un sogno in cui rifugiarsi, immaginando i volti dei protagonisti, gli odori, i sapori e il colore del cielo nelle sue stagioni, come i colpi di pistola e le violenze. Complice di chi scrive, che ci fornisce degli spunti che poi ognuno di noi riempie con la propria vita, con i propri ricordi, con la propria nostalgia di una sedia occupata accanto a noi.