«L’operazione è stata denominata Croce nera, perché era in contrasto con la Croce rossa, che significa salute, aiuto a chi ha bisogno, loro invece, i camorristi, avevano preso in mano l’intero ospedale di Caserta chiamato Sant’Anna».
I ricordi del capo degli investigatori antimafia è ancora vivido dell’operazione investigativa che ha segnato la storia delle infiltrazioni delle mafie nella sanità pubblica italiana: per la prima volta non veniva sciolta e quindi commissariata da parte dello Stato un’azienda sanitaria locale o provinciale, ovvero il corpo amministrativo della gestione degli ospedali di un determinato territorio, ma una vera e propria struttura ospedaliera. La novità eclatante risiedeva nel fatto che più volte era stata accertata l’infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione amministrativa, quindi nelle gare di appalto e di gestione dei vari ospedali, ma mai prima si aveva avuto la prova che la criminalità organizzata gestisse completamente, de facto un ospedale.
Il legame familiare rimane un fattore fondamentale
«Avevamo ben due clan all’interno della gestione del Sant’Anna, da una parte il clan Zagaria, tramite la sorella di Michele Zagaria[1], Elvira, che gestiva gli appalti più importanti. Di poi il clan Iovine, entrambi i clan formavano insieme il cosiddetto “clan dei casalesi” che tutti oggi conosciamo. La sorella del boss, Elvira Zagaria, gestiva gli affari tramite suoi sodali che avevano rapporti con la dirigenza dell’ospedale e direttamente con il direttore sanitario, così da gestire in maniera diretta le gare di appalto. Teniamo presente un primo punto importate, il fratello è il capo camorrista e la sorella gestisce una parte degli affari, il legame familiare è, e rimane, un fattore fondamentale. Inoltre lei non aveva nessun tipo di qualifica professionale che potesse giustificare questa posizione, mi spiego, non era medico, neanche commercialista o altro. Nulla. Gestiva affari per conto del suo clan. Tutto qua. L’inchiesta comincia da diverse anomalie registrate nelle gare d’appalto, che venivano vinte sempre dalle stesse ditte.
Le mafie, tra realtà e rappresentazione
Poi abbiamo messo a verbale le prime dichiarazioni di alcuni funzionari che hanno deciso di collaborare. Non ci hanno svelato le trame criminali vere e proprie ma ci hanno segnalato la presenza di alcuni soggetti che erano sempre presenti nella struttura sanitaria.
Il clan prende il controllo di un cartello di imprese che hanno in mano tutti i lavori pubblici dell’ospedale
Iniziamo a intercettare, dal 2013 al 2015, Elvira Zagaria che svolgeva molte riunioni davanti alla tomba del marito. Sembra tratto da una serie Tv, ma è la realtà. Noi abbiamo filmato tutti questi incontri, quindi sono documenti processuali di come venivano mandati messaggi e date indicazioni nel cimitero per evitare di essere intercettati. Da questo lavoro investigativo noi scopriamo anche i legami con esponenti politici del territorio. Documentiamo come il clan Zagaria riesca a far nominare un dirigente nella direzione dell’ospedale. Da questa nomina, il clan prende il controllo di un cartello di imprese che hanno in mano tutti i lavori pubblici dell’ospedale, ed essendo il più grande si può immaginare quanto denaro e soprattutto quanto lavoro produceva, e quindi in un’ultima istanza anche consenso sociale, escludendo qualsiasi tipo di concorrenza. Avevamo, dalle evidenze investigative, un sistema criminale che vedeva sedersi intorno allo stesso tavolo: camorra, pubblica amministrazione, politica e imprenditoria. Un tavolo stabile di lavoro che sfrutta l’esigenza sanitaria, ovvero di dare un servizio ai cittadini per un proprio personale arricchimento».
Assalto alla Sanità pubblica
L’operazione Croce nera, condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia (Dia) svela quindi un meccanismo che vede un vero e proprio assalto alla Sanità pubblica. L’indagine svolta dal 2013 al 2015, svela anche la durata corruttiva e l’infiltrazione. Le radici affondano nel 2007/2008. Anni di gare truccate, di qualsiasi importo, da poche centinaia di migliaia di euro a milioni di euro. Tutto pilotato per gli interessi di ognuno dei componenti del tavolo criminale. Appalti che venivano regolarmente gonfiati per appropriarsi del denaro pubblico.
Per la prima volta si dispone il sequestro di un ospedale
«Abbiamo sequestrato quattro aziende, abbiamo arrestato un medico della direzione generale dell’ospedale che aveva anche parenti magistrati. Insieme ad un suo collega, sempre medico, ricevevano ordini direttamente dal clan. Quindi erano assolutamente consapevoli e complici. Alla chiusura l’indagine abbiamo arrestato oltre quaranta persone, sequestrato decine di milioni di euro, ma soprattutto per la prima volta il ministro dell’Interno dell’epoca, su nostra indicazione da evidenze investigative, dispone il sequestro e il commissariamento di un ospedale, una prima volta assoluta per l’Italia. Per comprendere bene il fenomeno, il clan controllava dall’appalto degli ascensori alle macchinette delle merendine. Dagli strumenti diagnostici più avanzati al caffè che bevevi al bar».
Maxi riciclaggio da 500 miliardi di euro, come le mafie condizionano l’economia mondiale
L’operazione Croce nera ha prodotto condanne definitive per tutti i soggetti coinvolti, dimostrando quanto la Sanità, veicolo di soldi pubblici, fosse preda non solo dei criminali, ma dei colletti bianchi della politica, dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione. L’investigatore capo con amara ironia sottolinea commenta: «Non è tanto la mafia che si è infiltrata nella sanità, al contrario sembra quasi che con le nostre operazioni investigative, lo Stato si infiltra, qualche volta, nella sanità mafiosa».
Capo dell’organizzazione camorristica denominata “clan dei casalesi”. Veniva chiamato il “re del cemento” a livello nazionale. I suoi interessi, negli appalti pubblici e non, partono dalla Campania per estendersi fino al Lazio, la Toscana, Umbria, Abruzzo, Lombardia e, in particolare, in Emilia-Romagna. Sta scontando l’ergastolo al 41bis.