di Beppe Giulietti
Parole come pietre, anzi come proiettiliLucio Musolino, 27 anni, Antonio Sisca, 64 anni, Antonino Monteleone, 25 anni, Ferdinando Piccolo, 23 anni, Peppe Baldessarro, 43 anni, Agostino Pantano, 37 anni, Angela Corica, 26 anni, Pietro Comito, 31 anni, i loro nomi e le loro foto hanno “aperto” la prima pagina del Fatto di ieri.
Per una volta non sono nomi e volti di malfattori e neppure, per fortuna, di morti ammazzati per mano delle tante mafie assassine che hanno preso in ostaggio questo paese: si tratta, invece, di cronisti coraggiosi, per riprendere il bell’editoriale di Enrico Fierro,che tentano di illuminare le oscurità, le ambiguità, le omertà trasversali che minano la convivenza civile in Calabria.
Quella prima pagina ha denunciato l’isolamento, il silenzio, l’indifferenza che circonda la loro attività, spesso oggetto addirittura di maldicenza, di fastidio perché come si sa meglio “queta non movere” e non andare a mettere troppo il naso negli affari delle cosche, dei loro protettori politici, che magari sono gli stessi che comprano i giornali e le tv locali e decidono a chi dare i tanti soldi della pubblicità, più o meno istituzionale.
Nei loro confronti noi medesimi abbiamo sentito usare le stesse parole che, talvolta, persino da persone in assoluta buona fede, vengono rivolte contro Roberto Saviano: ”Perché lo fanno? Perché non lavorano in silenzio? Vogliono forse mettersi in mostra per andare in tv? Così rischiano di criminalizzare tutta la Calabria…”, parole in libertà, parole pericolose come pietre, anzi come proiettili. Chi sarebbe così pazzo da cercare la celebrità andando a raccontare le storie delle cosche ed esponendosi alla rappresaglia, restando ai margini, oppure costretti a vivere braccati e sotto scorta?
Perché mai quelli che lavorano nella oscurità non vanno loro a metterci la faccia, non fanno sentire le loro voci, non ci regalano le loro inchieste o non ci fanno conoscere i loro libri?
In realtà donne e uomini di questa pasta, persone come Roberto Saviano hanno il torto di creare imbarazzo a chi vuole vivere tranquillo, a chi non vuole riempire una inchiesta, un libro, un filmato di cifre, di dati, di fatti e, soprattutto, di nomi e di cognomi.
Per queste ragioni ci associamo alla denuncia del Fatto e ci permettiamo di chiedere ai sindacati dei giornalisti, alle grandi organizzazioni che si occupano di libertà di informazione e di legalità, a partire da Libera, di promuovere tutti insieme una iniziativa in quelle terre, di far sentire loro la solidarietà nazionale, di offrire i nostri siti, i nostri blog, i nostri pochi fogli per consentire loro di trovare spazio e attenzione. Allo stesso modo, come articolo 21, chiederemo a tutti i giornalisti, agli autori associati di trovare il modo di organizzare una sorta di “scorta mediatica”, capace di illuminare a giorno quella realtà, di amplificare le denunce di chi rischia di sentirsi e di essere isolato, per impedire che il buio e il disprezzo delle cosche e degli ignavi possa esporre queste persone a ritorsioni di ogni tipo.
Ci fa piacere, infine, comunicare, che il presidente di articolo 21 Federico Orlando, lui sì a differenza di Belpietro davvero amico e compagno di Indro Montanelli in tante avventure comuni, e il segretario Tommaso Fulfaro, un calabrese che alla bandiera bianca della resa ha sempre preferito quella rossa impugnata da chi si opponeva all’arbitrio e alla prepotenza, hanno deciso di assegnare il tradizionale premio per la libertà di informazione intitolato alla memoria del giornalista Paolo Giuntella, a questi cronisti. Il riconoscimento sarà consegnato anche dal presidente della Fnsi, Roberto Natale e da Liberainformazione.
Chi avesse voglia di farsi una idea ancora più completa su queste realtà potrà consultare i blog di alcuni di questi giornalisti e magari leggersi l’appassionante volume “Strozzateci tutti”, uscito in questi giorni, pubblicato da Aliberti e che raccoglie storie e cronache di 23 giornaliste e giornalisti, con o senza tessera professionale, che ci danno la dimensione della tragedia che sta travagliando l’Italia, ma anche la speranza che esistano ancora donne e uomini liberi, intrisi di passioni civili e di amore per la Costituzione e che, per fortuna, non hanno intenzione alcuna di ascoltare i consigli di quei vecchi saggi, magari anche un po’ corrotti, che li invitano a farsi gli affari loro e “a non mettersi troppo in mostra”… perché, come si sa, i panni sporchi si lavano sempre in famiglia, una frase che un qualsiasi capo mafia potrebbe sottoscrivere serenamente, anzi può darsi persino che, prima o poi, ne rivendichi anche il diritto d’autore.