Cerca
Close this search box.

Wikileaks: etica e morale

La pubblicazione dei documenti riservati da parte di Wikileaks, agita le coscienze delle diplomazia. Nella pletora di considerazioni scritte e dette, sfugge il perché si definisca criminale il sito Wikileaks. Ogni Stato, almeno Occidentale, chiede se non pretende, onestà ai suoi cittadini e rettitudine di comportamento. Il disattendere questo comportamento, comporta pene severe.
Hillary Clinton può definire criminale Assange, ma Assange può definire criminale la Clinton che chiede di spiare le Nazioni Unite? Wikileaks pone un problema etico e morale alle fondamenta stesse della democrazia. Gli Stati possono mentire, scrivere giudizi severi e taglienti, essere opachi dietro lo schermo della diplomazia, ma ciò non è permesso ai suoi cittadini. Quando si invoca la Sicurezza Nazionale, cosa significa? Lo Stato può invocare un pericolo quando sono scoperte le sue menzogne, o il suo reale pensiero, ma lo stesso non può fare il cittadino quando mette a nudo il suo Re. Diventa certezza quindi, e non possibilità, che lo Stato possa mentire ai suoi stessi cittadini. Mentire in campo internazionale in nome della Real Politik, e continuare a farlo in casa propria. L’imbarazzo delle cancellerie è divertente: si disvelano le false cortesie teletrasmesse nel mondo dei meeting così algidi e inefficaci che decidono le sorti della contemporaneità.
L’informazione stessa si trova ad essere impreparata davanti a questa mole di documenti. Quando un giornale ha un documento riservato lo si definisce scoop; quando Wikileaks pubblica decine di migliaia di documenti lo si definisce a seconda dei casi apocalisse, fine della diplomazia, riscrittura dei codici della stessa comunicazione.
Va da sé che è un colpaccio che nessun giornale ha mai messo a segno e probabilmente mai lo farà. Poter dimostrare come buona parte degli Stati Golfo Persico soffrano la supremazia dell’Iran non è giornalismo di poco conto. Tanto quanto le pressioni affinché l’Italia non vendesse all’Iran, nemico giurato del suo alleato più importante gli Stati Uniti, navi veloci. Wikileaks sta dimostrando la pochezza di coloro che dovrebbero dirigere le sorti del mondo e ciò fa male. In Italia, nel frattempo, oltre le affermazioni apocalittiche del Ministro Frattini a cui nessun giornalista a chiesto conto, perché il paragone con la morte di persone reali, cioè l’undici settembre, possa essere un metro di paragone con il rilascio di documenti riservati, assistiamo a dichiarazioni da parte dei giornalisti che lasciano alquanto perplessi. Enrico Mentana nell’apertura del suo telegiornale definisce Wikileaks sito pirata, la stessa definizione è del GR2 di Radio RAI la mattina. Cosa significa sito pirata? La pubblicazione di documenti riservati ti classifica immediatamente come pirata informatico? O sei pirata perché il sito non è tuo e non hai pagato l’abbonamento al server? Qui il paradigma dell’informazione italiana: Mentana riformula un TG con ascolti in crescendo in un panorama dove alla stessa ora si trova il TG1 e il TG5, senza nulla togliere ai meriti, non è arte complessa fare un telegiornale con simili concorrenti. E quando il TG di La7 dedica abbondanti 20 minuti all’Italia, ogni giorno, e alla sua politica, riconferma l’autismo italiano anche nei suoi professionisti migliori: ecco che abbiamo la risposta del perché Wikileaks non abbia mai considerato un Giornale Italiano per le sue anticipazioni. Paese autistico che si pone al centro di un mondo immaginario, mentre il mondo reale ha un’altra velocità di movimento. Il nostro giornalismo si pone verso la realtà della rete e del suo potenziale con enorme ritardo, tanto per dire basta osservare le gallerie video e di foto che di tanto in tanto affollano i quotidiani nazionali: ripresi da siti che li hanno pubblicati da settimane (ultimo caso il rap delle valute tra Obama e Jintao), fotografie sgranate e ripetute tanto per affollare le pagine.
Wikileaks diventa quindi una realtà poco comprensibile in un Paese in cui sussiste un incredibile digital divide, in cui l’informazione è ancora condizionata dalla televisione, in cui la pagina degli esteri è sempre minima e le tariffe di connessione alte e a forma di trappola spilla denaro. Wikileaks riconsegna il mondo della politica internazionale al mondo reale. Siamo tutti contenti di poter leggere cosa pensano per davvero i Potenti della Terra, ma quasi nessuno lo ammette, quasi fosse un peccato. Maroni afferma in merito a Wikileaks che lui non osserva dal buco della serratura: se lo facesse forse vedrebbe il mondo. Non si può pretendere che il fulcro della questione siano i festini di Berlusconi esposti al mondo. Gli americani lo sapevano e ne discutevano. Può mai creare scalpore che gli italiani sanno che gli americani sapevano? Il focus deve restare sulla libertà di informazione. Nessuno Stato si è offerto di dare riparo ad Assange. E nel frattempo ci si dimentica di Bradley Manning, il soldato che forse ha innescato tutto questo. Chiuso in un carcere militare, senza che si abbia nessuna informazione sulle sue condizioni. Manning, in nome di una rivincita per i soprusi subiti dagli iracheni di cui è stato testimone in Iraq, decide di passare al contrattacco. Senza armi o violenza, ma con le armi della rete: “Hillary Clinton e diverse migliaia di diplomatici avranno un infarto quando si sveglieranno un giorno e scopriranno che tutto l’archivio della politica estera americana segreta è diventato pubblico”. E questo dovrebbe essere il compito etico e morale del giornalismo. E delle persone libere.
PS: QUITO (ECUADOR) – Julian Assange scopre di avere qualche alleato nel mondo: il governo dell’Ecuador, infatti, gli ha proposto di visitare il Paese e gli ha offerto la residenza, qualora la chiedesse.
Cerca
Close this search box.