In libreria: Strozzateci Tutti (Aliberti Editore 640 pp 20.00 euro)
23 scrittori affrontano il tema delle mafie.
Rassegna Stampa: Affari Italiani, il Fatto Quotidiano, Agoravox.it, Articolo 21, Libera Informazione, la Repubblica, Corriere del Mezzogiorno, Radio Popolare
estratto del mio scritto nell’antologia: Scrittura Camorrae
Il rischio dell’Italia è di entrare nel numero dei paesi di cultura bassa, giacché è possibile essere intelligenti e di cultura bassa. (Guido Piovene)
E’ più pericoloso scrivere di criminalità organizzata o dei meccanismi culturali editoriali che regolano la pubblicazione di libri e articoli sul tema? Una domanda che mi sono posto più volte dopo aver vissuto il silenzio e la scoperta, soprattutto della camorra, nei mass media. Vivi giorni, anni, decenni nel silenzio, di poi sembra che tutti scoprono che ci sono morti ammazzati. E non basta il classico colpo di spugna del: “basta che ora se ne parla, basta che ci sia coscienza del problema” per cancellare un silenzio colpevole. E pochi sembrano accorgersi che il silenzio, trasformatosi in megafono, cala ancora una volta nella forma primaria di cappa di silenzio su moltissimi scrittori e giornalisti che si occupano di criminalità organizzata nei diversi territori italiani. Strano a dirsi, eppure è così. Il silenzio muta forma, ma non sostanza. E riesce ad ottenere le sue finalità primarie: frasi, sentenze e ragionamenti che dopo il primo scuotimento, diventano torpore. Un torpore che si alimenta di idee vecchie, di concetti malmessi, di poca informazione. Quasi che sia più importante ancorarsi ad una posizione, piuttosto che ad una continua ed attenta analisi. Si creano eroi e martiri al fine di lasciare i problemi immobili e senza risoluzione. Sul tetto della casa di Chiaiano, periferia nord di Napoli, Antonio Riccardi del gruppo Co’ Sang mi parla di paradosso: “C’è chi vive la quotidianità della camorra e chi ne parla soltanto, eppure guarda qua, non cambia nulla. Tutti si sono riempiti la bocca di questo fenomeno e cosa è successo? Nulla”. Osservo le celebri “Vele” di Scampia. Immagino Castel Volturno, oppure Mondragone o Casale di Principe. Altre realtà, distanti, ma solo di qualche decina di chilometri. Mondi diversi e complessi che non possono essere radunati in una sola parola, frase, sentenza. E diventa banale supporre che mondi per quanto vicini geograficamente, possano vivere le stesse infezioni e la cura possa essere la stessa. Scoperto che la camorra non è solo Napoli, ma anche Caserta, non si può pretendere che la gente approfondisca i dettagli. Ecco, la gente, i lettori, i ricettori dell’informazione. Qualcuno ha deciso che non si deve andare per il sottile, non li si può affossare con mille distinguo. Il tutto diventa ostico, e compito dell’informazione è snellire le informazioni, così da far comprendere, e possibilmente far reagire. E’ stato fatto, ma nessuno parla del risultato fallimentare. Non distinguendo che il pubblico che recepisce l’informazione si divide in due: coloro che vivono la quotidianità nelle terre del crimine organizzato, e coloro che credono di non viverci, soltanto perché sono lontani, abitanti di altre regioni. Quindi la semplificazione a chi serve per davvero?
Autori: Giovanni Abbagnato, Massimiliano Amato, Vincenzo Ammaliato, Anna Bisogno, Alessandro Chetta, Corrado De Rosa, Bruno De Stefano, Emiliano Di Marco, Raffaella Ferrè, Serena Giunta, Andrea Meccia, Antonella Migliaccio, Giorgio Mottola, Iolanda Napolitano, Pietro Nardiello, Sergio Nazzaro, Claudio Pappainanni, Carmen Pellegrino, Francesco Piccinini, Marcello Ravveduto, Gianni Solino, Nello Trocchia, Francesca Viscone